27 GENNAIO, GIORNATA DELLA MEMORIA: PREPARIAMOCI
Come ogni anno il Nostro Istituto è puntuale all’appuntamento con la Storia: si istruiscono gli alunni e si stimola in loro la conoscenza e la riflessione sull’Olocausto. La giornata della memoria fu istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1º novembre 2005 e fu individuata, come data, quella del 27 gennaio perché il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. In verità l’Italia già nel 2000, con una specifica legge (L. 211, artt. 1-2), aveva così deliberato: La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.
Il dettato di legge è chiarissimo, e reca in sé la finalità dell’istituzione della ricorrenza: conoscere per conservare la memoria e tramandare ai posteri una conoscenza chiara delle brutture tragiche delle deportazioni e dello sterminio per scongiurare il rischio del ripetersi di simili atrocità. Soprattutto negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, dal 1943 al 1945, furono attivi moltissimi “campi”: ideati dalle autorità della Germania nazista erano una serie di strutture dedicate alla detenzione e al confinamento di tutti coloro che il regime considerava nemici razziali, ideologici o politici del popolo tedesco. Le persone vi venivano incarcerate senza il bisogno di osservare le consuete norme di arresto e di custodia. Poteva trattarsi di campi di lavoro, campi per prigionieri di guerra, campi di transito dove venivano raccolti prigionieri in attesa di essere spostati. Alcuni di questi campi di concentramento, o alcune parti, vennero convertiti in campi di sterminio, dotati delle strutture necessarie per uccidere i prigionieri in modo sistematico e massificato. Non dobbiamo dimenticare che dopo l’armistizio (8 settembre 1943) con cui l’Italia si sciolse dall’alleanza con Hitler, oltre seicentomila soldati del nostro esercito subirono la deportazione in Germania. Tremendo il viaggio, nelle modalità descritte da primo Levi nel suo romanzo “Se questo è un uomo”, spaventoso l’ingresso nei campi, drammatica l’esperienza del lager, dove freddo, fame e percosse in pochi mesi deprivavano le forze degli internati. Non possiamo e non dobbiamo dimenticare il sacrificio di questi nostri soldati, giovani di ogni regione che avevano servito la nazione militando nell’esercito italiano, chiamati alle armi in una guerra che non avevano deciso loro. I tedeschi, che prima li avevano rispettati perchè alleati e fascisti, li sottoposero, per vendetta, alle più atroci sofferenze; in molti casi, al ritorno a casa, a guerra finita, i reduci non ricevettero ascolto, rispetto, riconoscimento alcuno. Quest’anno il Liceo artistico, per la Giornata della memoria, prevede un evento di portata eccezionale: un incontro in presenza con l’ascolto della testimonianza diretta di un reduce della seconda guerra mondiale che subì la deportazione in Germania e sopravvisse al lager. Con i suoi occhi vide le stesse cose che abbiamo letto da illustri testimoni del nostro tempo, Primo Levi, Anna Frank, Goti Bauer, Liliana Segre. Sono ormai pochissimi i superstiti in grado di raccontarci queste drammatiche esperienze, tocca a noi una forte responsabilità, dobbiamo essere consapevoli che a un certo punto il compito di tramandare la memoria toccherà a noi, a chi ha avuto il privilegio di ascoltare le loro voci.
Nessuno si permetta più di negare o di essere indifferente: ci stimoli il monito durissimo di Primo Levi: “Meditate che questo è stato: /vi comando queste parole. /Scolpitele nel vostro cuore, /stando in casa andando per via, /coricandovi alzandovi; /ripetetele ai vostri figli. /O vi si sfaccia la casa, /la malattia vi impedisca /i vostri nati torcano il viso da voi”. (“Se questo è un uomo”).